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Nike Air Rift vs Tabi di Margiela: due mondi, un solo spilt toe

Cos’hanno in comune una sneaker ispirata ai corridori keniani e uno stivale nato dalle passerelle di Parigi?

Ciao,

 

Chi avrebbe mai pensato che separare un alluce dal resto del piede potesse diventare un’idea così potente? Di certo ne erano sicuri Martin Margiela e Tobie Hatfield, rispettivamente founder e direttore creativo fino al 2009 di Maison Margiela il primo, e designer di Nike il secondo.

 

La moda e lo sport sembrano due universi distanti, ma a volte si incontrano su un terreno sorprendente.

 

Questo è il caso delle Tabi di Maison Margiela e delle Nike Air Rift, due scarpe rivoluzionarie accomunate da una caratteristica audace: la punta divisa (split-toe).

 

Sebbene appartengano a mondi diversi, entrambe hanno sfidato le convenzioni, diventando simboli di innovazione nei loro rispettivi ambiti.

 

Le Tabi di Margiela debuttano nel primo show della maison, nel 1988, in una stanza semplice e poco arredata di Parigi, con la suola intinta nella vernice rossa, per lasciare la forma delle sulla passerella.

Ispirate alle Jika-tabi giapponesi, i classici stivaletti da lavoro giapponesi, queste scarpe incarnano la filosofia del designer: decostruzione e rielaborazione della tradizione.

 

La punta divisa non è solo un elemento estetico, ma un richiamo culturale e un simbolo di anticonformismo.

 

Lo scopo di Margiela era proprio quello di decostruire, attraverso questo modello, la moda convenzionale e celebrare il funzionalismo culturale.

 

Il grandissimo successo delle Tabi, non è avvenuto nell’immediato. I consumatori occidentali non avevano mai visto una scarpa con la punta divisa, le cui impronte apparivano come un incrocio tra quelle di un uomo e di una capra. Nei primi tempi, Martin Margiela, dato lo scarso budget a disposizione per la produzione di nuovi modelli di scarpe, riverniciava i vecchi modelli di Tabi invenduti, riproponendoli in passerella nella stagione successiva. Questo ha contribuito al grande ventaglio di proposte che ad oggi le Tabi possiedono.

 

Dallo stivaletto, alla ballerina, passando per i mocassini.

Le Nike Air Rift nascono invece dall’ambizione di migliorare le prestazioni sportive. Nate nel 1996 e ispirate ai corridori a piedi nudi del Kenya, famosi proprio per la loro velocità e efficienza sportiva, il loro design mira a replicare la naturale biomeccanica del piede, offrendo stabilità e controllo grazie alla separazione dell’alluce. Il nome è anch’esso un’omaggio al Kenya, infatti prende origine dalla Great Rift Valley, proprio come il primo modello presentato, che riprendeva la bandiera dello stato africano.

Anche in questo caso, la punta divisa è molto più di una scelta stilistica: è una soluzione funzionale.

 

La chiusura in veltro le rende molto semplici da indossare, il materiale può variare dalla pelle al mesh, le colorazioni sono quelle classiche (nero, bianco, rosso e rosa cipria).

 

Nonostante lo scopo prettamente atletico, grande all’avvento dello stile streetwear dei primi anni del 2000’, le Nike Air Rift hanno preso piede come scarpa simbolo dello stile street.

 

Anche se spesso vengono considerate, dai meno informati della materia, la versione cheap delle Tabi di Margiela, le caratteristiche di costruzione, l’utilizzo che se ne fa è soprattutto l’abbinamento all’interno del quotidiano, sono completamente diversi dalle Tabi.

Ed ora, la parte filosofica-riflessiva-educativa (spero).

 

La fama dello spit-toe non è sempre stata ai massimi livello come lo è in questi giorni. Tornando per un’attimo alle Tabi, anni fa, erano la scarpa di nicchia per eccellenza, indossata dagli studenti di moda e arte, che rivedevano all’interno della scarpa, la loro filosofia anticonformista e anti convenzionale. Proprio come quella di Margiela.

 

Lo spilt-toe parlava solo con lo split-toe, era una nicchia chiusa il cui ingresso era deciso con una linea netta, quella fra pollice e indice.

 

Le persone che decidevano di comprare un modello di scarpa split-toe lo facevano per distanziarsi dalla massa di persone che indossavano le solite due paia di scarpe, per ricevere occhiatacce, sui mezzi o per strada, di persone che disprezzavano e non capivano quello che l*i indossava, e se ne conpiacevano.

 

Ai giorni nostri, lo split toe è di dominio pubblico, la maggior parte delle persone hanno una scarpa split toe o le bramano, le celebrities, icone dei trend, come Zendaya, Kylie Jenner e Due Lipa, ne hanno e sfoggiano una collezione infinita.

Se solo fossero sempre disponibili e a prezzi accessibili a chiunque, ogni cittadino di questo globo è molto probabile che ne avrebbe un paio nella proprio scarpiera.

 

Questo non è per nulla un bene, in quanto i trend stufano e fanno perdere valore alle cose.

 

L’oggetto dell’anticonformismo e simbolo di ricercatezza di stile è ora ai piedi di tutti quelli che vedono nello split-toe il trend del momento o un modo per atteggiarsi a chissà chi.

 

Al netto di tutto…agli occhi di chiunque, sono solo due paia di scarpe per lavorare nei campi, da corridori o da ninja giapponese; per i fashion nerd, come me, come noi, sono due pezzi di design, tanto essere presenti in mostre e esibizioni.

 

Ma anche come oggetto di design quotidiano, all’interno di case, sotto forma di ogni oggetto, come un vaso.

 

Bacini, Alisia <3.

Immagine scattata da Francesca Scandella. @Scandyss

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Che tu non faccia parte di uno di questi tre mondi non significa che non ti riguarda.

 

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