EFFE3 sono io, ma anche tu!

Lo spiegone easy della Milano Fashion Week

Ciaooo, 

 

Un po’ di tempo fa scrivevo, e soprattutto riflettevo, su come il ritorno di un’estetica vintage, e quindi la ripresa di determinati codici stilistici, non fosse una cosa troppo positiva.

 

Ragionando anche su cosa mi circonda, mi sono resa conto di quanti ritorni stiano accadendo all’interno del mondo moda – di determinati codici, di molti item e di stili precisi che hanno influenzato epoche passate – ma anche in ambienti esterni dal mondo moda. 

 

Prendete come esempio il mondo del cinema.  Quanti sequel o riadattamenti ci sono stati negli ultimi anni? Tantissimi.

 

All’interno di un precedente articolo, spiegavo che la carta del vintage e di riprendere un’estetica precisa sia spesso dettata dal fatto di avere un ritorno quasi assicurato, o anche dalla mancanza di idee… 

 

Siamo nostalgici, quella “Balorda nostalgia” che canta Olly, e con cui ha vinto quest’anno il festival di Sanremo, è quanto più di intimo ci rimane e ci lega ad un’estetica che ci fa sentire al sicuro e protetti. 

 

Ma è un bene rimanere attaccati a questo? Non lo so, non mi so dare una risposta.

Ho provato a cercarne una all’interno di questa fashion week, ma ci ho trovato solo nostalgia e animi affranti, dettati anche da quello che sta succedendo sul nostro pianeta.

 

Nulla è perduto però, ci sono state sorprese e chiari messaggi di speranza. 

 

Ecco a voi una selezione, in modo spicciolo e amichevole, delle sfilate che mi hanno colpita di più.  

MARCO RAMBALDIMemoria Futura 

« A volte lavori all’uncinetto, salti un punto, devi disfare tutto e ti sembra di sentire la risata di tua nonna. A volte quel vestito non ti piace molto, ma ti ricordi con chi l’hai comprato e mentre lo indossi sorridi allo specchio. A volte ti sembra che nessuno capisca come ti senti, tranne quella persona il cui numero sai recitare a memoria…».

 

Marco Rambaldi, comunicato stampa sfilata FW25-26.

 

Cercando il significato di memoria sulla Treccani viene fuori << Capacità, comune a molti organismi, di conservare traccia più o meno completa e duratura degli stimoli esterni sperimentati e delle relative risposte >>.  

 

Proprio su questo concetto, Marco Rambaldi, costruisce la collezione autunno inverno 2025-26 che prende il nome di Memoria Futura. 

 

Una collezione che porta in scena la memoria collettiva di chiunque la guardi. 

 

Tutto parte tornando all’origine: al ruolo della madre, non solo quella biologica, ma anche quella spirituale o simbolica. 

 

L’ispirazione è anche quella delle madri raccontate all’interno del libro “Il corpo della madre” scritto da Michela Murgia e Chiara Tagliaferri, che per l’occasione partecipa anche alla sfilata come modella, rafforzando il messaggio trasmesso. 

 

Il ruolo della madre viene accompagnato dall’utilizzo, quasi esasperato del crochet – marchio di fabbrica che caratterizza il brand bolognese –  il quale ha la caratteristica di adattarsi alle diverse tipologie di corpi. Il ricordo è anche quello della zia di Filippo Giuliani, co-founder e art director del brand, che spesso lavorava all’uncinetto. 

 

“Crochet is for rebel” è il messaggio riportato sopra il primo look della sfilata, da qui il crochet prende vita in mille modi diversi: attraverso delle gonne, dei maxi-pull e dei bomber. 

 

I quadrati classici che noi tutti vedevamo realizzati all’uncinetto da bambini e non, ora diventano rombi, e vengono mixati e adattati su mille tipologie diverse di abiti. 

 

La nuova etichetta introdotta, “Out of closet”, riporta in tavola il tema dell’upcycling, caro al brand, facendo sì che gli abiti tenuti all’interno degli armadi ora godano di una nuova vita. 

 

I corpi citati in precedenza, sono anch’essi al centro della sfilata.

 

I cosiddetti “Corpi dimenticati”.

 

Soprattutto dal fashion system attuale.

Marco Rambaldi FW25-26
Marco Rambaldi FW25-26

FENDI100 anni di matriarcato 

 

Vi ricordate il detto “Si cerca lontano ciò che si ha vicino” ? Io credo fortemente che si addica a Fendi. 

 

In una cornice che ricorda quella della storica boutique di via Borgognona a Roma, dove le cinque storiche sorelle Fendi (Alda, Anna, Carla, Franca and Paola) hanno lavorato e reso grande il nome del brand romano, viene presentata la collezione FW25-26. 

 

Partendo dall’inizio, lo show viene aperto da due bambini che spalancano un grande portone, che sarà poi l’ingresso delle modelle e modelli sulla passerella. Questi due bambini sono Tazio e Dardo, i nipoti di Silvia Venturini Fendi. 

 

Il look scelto per i due, non è un caso, bensì è una ripresa al look che la stessa Silvia Venturini Fendi indossava nel 1967, quando Karl Lagerfeld le chiese di fare da modella e posare per la collezione Cavallerizza appena introdotta. 

 

Cento anni dopo, Silvia Venturini Fendi, presenta una collezione co-ed – più donna che uomo –  che riprende tutti gli elementi cardine della maison romana, inserendoli non in chiave vintage ma riadattandoli al contemporaneo. Da qui nasce tutto il discorso legato al mondo delle pellicce, che oggi sono prodotte in montone, ma che grazie ad una grandissima maestria da parte degli artigiani, è come se non lo fosse. 

 

Vengono rivisitati anche gli accessori più iconici della maison, come la Peekaboo, La Fendi Mamma, la Spy Bag – che torna in passerella a 20 anni dalla sua creazione – e infine l’immancabile Baguette. E quando si parla di Baguette può mai mancare Carrie Bradshaw? Assolutamente no.  Presente in prima fila. 

 

Vi è stata anche l’introduzione di una nuova borsa, la Fendi Giano, formata dall’intersezione di due mezzelune che compongono una figura molto simile a quella che a molti di noi ricorda il celebre videogioco Pacman.

 

Ricordando l’introduzione fatta a questo articolo, dove viene citata la nostalgia, qui non si può fare a meno di pensare anche a lei. Se già tutto il racconto e i dettagli della sfilata non vi creano un sentimento di nostalgia, basta riprendere l’invito alla sfilata: un album fotografico da borsetta piegato a fisarmonica e rifinito con i dettagli tipici della Selleria Cuoio Romano. Le immagini che si trovano all’interno, scattate fra 1964 e 1977 ritraggono Silvia Venturini Fendi da bambina, ma anche le prime immagini dei bozzetti della prima collezione disegnata da Karl Lagerfeld. 

 

Dopo anni nell’ombra di Kim Jones, che ahimè non ha portato nulla di buono alla maison romana, e una breve collezione fra la morte di Lagerfeld e l’arrivo di Jones nel 2019, Silvia Venturini Fendi prende le redini a due mani del SUO brand e mostra la sua identità.

 

Riprendendo la frase che apre il capitolo…spesso l’acquisto migliore che tu possa fare è quello che hai già nel tuo armadio. 

 

Chi vuol capire, capisca. 

Fendi FW25-26
Fendi FW25-26

PRADAQual è la definizione di femminilità? 

 

Spoiler. Non esiste una definizione. È un concetto che ha una sensibilità relativa. 

 

Per questa stagione, Miuccia Prada e Raf Simons, direttori creativi di Prada, si sono interrogati proprio su questo concetto: cos’è la femminilità? E qual è la sua definizione?

 

Da questa riflessione nascono i look che hanno fatto discutere, e continuano a far discutere, il fashion system da giorni. 

 

Abbiamo visto in scena silhouette in stile anni 60’, abiti con stampe floreali in colori acidi o semplicemente accesi come il verde o il giallo, fino a dettagli sartoriali e costruzioni di una precisione degna di un architetto.

 

Vi è quindi questa contrapposizione fra abiti che sono stati definiti “brutti” dal gusto comune, con un’estetica ricercata e minuziosamente perfetta data dagli accessori e tagli; contrapposizione che mette in discussione cosa sia bello o brutto, o giusto e sbagliato.

 

Un dettaglio molto interessante presente è l’utilizzo di pettinature “elettrizzate”, stile che Prada introduce da un po’ di tempo a questa parte. Il messaggio è quello proprio di giocare sul ruolo della definizione della femminilità ordinata e canonica che sentiamo tutti i giorni. 

 

Riguardo i look ho ancora un riflessione in mente da proporre: per chi fosse nuovo al mondo moda, e quindi non sapesse questo dettaglio, Miuccia Prada è anche la fondatrice e designer esclusiva di Miu Miu. All’interno di questo brand, Miuccia Prada porta la sua versione giocosa e libera, vediamo quindi uno stile diverso dallo stile istituzionale e da “sciura” di Prada. 

 

La FW 25-26 è però una collezione che secondo il mio punto di vista, viaggia sulla linea di confine che divide i due brand. 

 

Se l’utilizzo di pettinature “disordinate” non fosse già un piccolo campanello d’allarme – ricordo che lo stesso stile è stato utilizzato nella FW23-24 di Miu Miu e già in Prada nella SS25 – lo styling e il layering di alcuni look suggerisce e ci rimanda mentalmente all’estetica di Miu Miu. 

 

La sfilata è stata presentata all’interno di una sala di Fondazione Prada, che mette in contrapposizione grezzo e raffinatezza. L’impalcatura da muratore che compare all’interno della sala, viene accostata ad un tappeto, realizzato da Catherine Martin, nota scenografa, designer e amica del brand. 

 

La collezione, come detto in precedenza, ha scosso gli animi del fashion system. Da chi ha affermato che non è Prada, che questa collezione fa schifo – termine forte e coraggioso se si parla di Prada- e che la definizione di donne data non è una definizione giusta.

 

Ognuno può pensarla come preferisce e vuole, siamo in un paese libero, per ora…

 

Ma ho una riflessione, l’ennesima, da sottoporvi. 

Stiamo attraverso un momento di crisi, soprattutto nel mondo fashion. Tantissimi brand si sono visti scendere a picco le vendite e i ricavi negli ultimi anni, e l’aria che si respira, come testimoniato da molti, è tanto pesante. 

 

Ma in tutta questa crisi, l’unico gruppo che continua a crescere indisturbato e alla velocità di un frecciarossa, è proprio il Gruppo Prada. Secondo lo studio reso pubblico proprio dal Gruppo, si nota come tutti i punti esaminati – come vendite retail, ricavi e crescite in nuovi mercati –  siano tutti super positivi. 

 

Se infine si vuole dare uno sguardo più ampio, rispetto agli altri gruppi, come Kering e LVMH, il Gruppo Prada è l’unico in crescita. 

 

Sembra che più Prada e Miu Miu tirino fuori delle collezioni “brutte” e che nessuno metterebbe, più i ricavi si alzano. 

 

Per concludere, e se fosse stato proprio questo l’intendo dei due direttori creativi, quello di confondere gli animi e mettere in discussione tutto? 

 

Non esiste un concetto universale di femminilità, quindi Prada può permettersi di giocare e fare queste collezioni più provocatorie, anche grazie al suo heritage e alla sua storia.

Prada FW25-26
Prada FW25-26

VERSACEÈ un addio? 

 

Da tempo circola nell’aria la notizia che il Gruppo Prada, sia in trattativa per l’acquisizione di Versace, attualmente in possesso del gruppo americano Capri Holdings. 

 

La notizia potrebbe effettivamente dare una bella scossa all’assetto che abbiamo attualmente. Dal momento in cui questa trattativa dovesse risultare reale, e la vendita definita e processata, dubito fortemente che il ruolo di direttrice creativa possa rimanere nelle mani di Donatella Versace. 

 

E questa collezione ci da non pochi campanelli d’allarme a riguardo.

 

La collezione presentata, come tutte quelle degli ultimi anni, fa riferimento al passato: ai costumi del balletto disegnati da Gianni Versace, agli abiti con scollo a V che ci riportano all’epoca d’oro del brand, ai piumini Versace Home che diventano mini dress con gonne pouf – piccolo fan fact, i piumini indossati erano già stati immortalati da Richard Avedon nel 1995 su Nadja Auermann e Claudia Schiffer per una delle campagne di Versace Home – fino agli abiti in velluto con dettagli in argento, che ci riportano nella testa di Gianni Versace e nei suoi ricordi di quando vedeva la madre cucire. 

 

È stata presentata anche un nuovo modello di borsa, la Virtus, la quale riporta su di se un nuovo logo della maison, una V metallica.

 

Non potevano di certo mancare le solite grandissime star, da Elodie a Marco Mengoni fino a Cillian Murphy, ma anche le amate nepo babies come Lila Moss, con l’aggiunta questa volta del debutto in passerella di Brooklyn Beckham.

 

Donatella Versace è una maestra delle celebrities e del mondo della musica, lo testimonia la sua carriera e storia, poteva quindi mancare un remix iconico? Certo che no. Ed ecco qui My name is di Eminem e Abracadabra di Lady Gaga a chiudere la sfilata. 

 

Una scelta fatta forse per rimarcare l’importanza del suo nome dopo i chiacchiericci del mondo moda?

 

Se in altri brand, come ad esempio Prada, il designer viene dopo gli abiti – è difficile pensare a Prada senza Miuccia Prada, ma l’avvento di Raf Simons apre diversi spiragli su quanto siano importanti gli abiti rispetto ai designer nel brand – all’interno di Versace la figura di Donatella Versace è forse tutto, ruota tutto intorno a lei, e lei è in ogni abito e accessorio presentato.

 

Mi viene naturale chiedermi, può un brand come Versace sopravvivere senza il suo designer? Soprattutto se porta il suo nome?

Versace FW25-26
Versace FW25-26

AVAVUn misto fra le idee di Rei Kawakubo e lo stile di Demna Gvasalia

 

Avete mai immaginato come sarebbe se Demna Gvasalia e Rei Kawakubo facessero una collezione insieme? Io si, è uno dei miei roman empire perchè sono due dei miei designer preferiti. 

 

È una cosa che è ancora possibile da far accedere. Chi lo sa.

 

Nella FW25-26, Beate Karlsson, direttrice creativa di Avavav, mette in scena in modo metaforico la morte della moda – del sistema moda in modo specifico – e come esso torni in vita sotto forma di zombie e quindi di creature mostruose. 

 

Vediamo le modelle che riemergono dalla terra prima di percorrere la passerella. 

 

I loro look sono confusi e disastrati: vediamo esoscheletri, tailoring confusi e elementi sportswear, il tutto deformato e deteriorato. 

 

Perchè siamo arrivati a parlare di Kawakubo e Gvasalia però? Nel primo caso perchè anche Rei Kawakubo si era interrogata sulla morte della moda, nei primi anni 10 del 2000, teorizzandone la morte e creando tre collezioni per ricostruirla. Nel secondo caso perchè tutto parla di Demna all’interno di questa sfilata, tutto sembra essere stato partorito da lui e messo insieme in uno styling in stile Lotta Volkova, stylist proprio di Balenciaga. 

 

La camminata “cattiva”, le spalle imbottite, l’attitude da outsider, i modelli che escono dalla terra – ricordo che per la SS23 di Balenciaga i modelli sfilavano nel fango – tutto ci ricorda l’estetica classica del designer georgiano.

Citazione o plagio?

AVAVAV FW25-26
AVAVAV FW25-26

MOSCHINOPer la quarta volta, si

 

Se all’inizio della sua direzione creativa Adrian Appiolaza, aveva fatto dubitare molti amanti del brand e del fashion system, dopo questa collezione credo che i dubbi di tutti siano svaniti. 

 

L’ideazione generale della sfilata è dettata da un abito, che può essere considerato il filo rosso che accomuna Franco Moschino, founder del brand, e Adrian Appiolaza: l’abito mannequin del 1992, pensato con lo scopo di sembrare cucito sul corpo della modella – il manichino – e non finito. 

 

Gli abiti in passerella non sono tutti perfetti, non sono tutti finiti, e non sono tutti posizionati nel modo giusto. Le reinterpretazioni, da non confondere con le citazioni, passano da Rei Kawakubo fino a Martin Margiela, di cui ricordo che Appiolaza è amante e collezionista. Gli abiti di costruzione antiform con annesso cappello – il quale in realtà è un cuscino – si mescolano con gli abiti di costruzione più sartoriale e classica, con cuciture e imbastiture e vista. 

 

E non sono da dimenticare gli abiti formati con i sacchi della spazzatura. Come a dire che il lusso può essere formato da qualunque cosa. 

 

Non manca l’ironia, che caratterizzava Franco Moschino, ed ora Appiolaza. Le spille diventano delle polaroid delle spille che dovevano essere applicate, i fiocchi si ingigantiscono e le scritte compaiono per lanciarci dei segnali. 

 

L’ultimo look presentato vede protagonista Alex Consani, nota modella, con in mano due borse sacco della spazzatura e una t-.shirt con la scritta SOS, Save Our Sphere. Messaggio che oggi più che mai risulta attuale.

 

È tutto un caos, una confusione generale. Ed è proprio questo il punto d’incontro fra i due designer, la lingua parlata da entrambi, il caos.

 

Appiolaza ci riporta, nostalgicamente, all’era d’oro di Moschino, quella con Franco, cancellando quasi definitivamente la parentesi Jeremy Scott. 

Moschino FW25-26
Moschino FW25-26

SUSAN FANGFinalmente aria nuova 

 

Reputo abbastanza inutile spiegare quanto possa essere difficile aprire un brand nel 2025. Persino i grandi nomi della moda, durante gli anni, hanno dovuto cedere alla corte dei grandi gruppi come Kering o LVMH per andare avanti. 

 

C’è un evidente problema alla base. 

 

Grazie al sostegno di Dolce&Gabbana, che per la seconda volta ha scelto di sostenere il brand, Susan Fan ha presentato la collezione FW25-26, ispirata alle opere realizzate da sua madre, che soltanto dopo essere andata in pensione, ha iniziato a dipingere da autodidatta.

 

La collezione è un’esplosione di colori, paillettes e plissé. 

 

Troviamo jeans disegnati con le penne a sfera, scarpe da ginnastica con paillettes, una lunga giacca su cui è stato realizzato dalla madre un dipinto che ritrae la sua città Natale – idea creativa suggerita della stylist del brand Katie Grand –  abiti plissettati che illuminano la stanza e che ci fanno sognare e trasferire sopra altri mondi, e infine motivi floreali che ricordano i decori del palazzo imperiale di Pechino.  

 

In un panorama in cui si fa fatica a fare anche il minimo passo, Susan Fan ci presenta una collezione che parla di amore, della sua terra d’origine e di sua madre, ruolo al centro della sfilata.

 

Come nel caso di Marco Rambaldi.

Susan Fang FW25-26
Susan Fang FW25-26

Il riassunto di questa fashion week appena passata è uno sguardo ancora troppo forte su quello che è stato il passato, e che ha creato i problemi che viviamo nel presente. 

 

La figura della donna è ancora una discussione aperta, la femminilità può essere solo quello che non sembra canonico, ma che alla fine lo è.

 

Speriamo che settembre ci porti cose buone, perchè febbraio non ha brillato troppo.

 

Grazie.

 

Bacini, Alisia <3.

Fotografia scattata da Francesca Scandella. @Scandysss

EFFE3 è il magazine dove calcio, moda e femminismo si uniscono.

 

Che tu non faccia parte di uno di questi tre mondi non significa che non ti riguarda.

 

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